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29 febbraio 2012

Forse entro l'11 aprile ne sapremo di più sulle sorti delle Province

A cura di Valter Giordano, Claudio Bongiovanni, Maurizio Barra, Nicola Garassino, Cristina Lavina, Rosanna Giordano e Franco Ferraro.

A detta degli addetti ai lavori costituisce l'unico modo serie per affrontare il tema delle Province.

E’ stata infatti istituita, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, una Commissione speciale paritetica mista Governo, Regioni, Enti locali rappresentativa di tutti i livelli di governo. La Commissione opera nell’ambito della Conferenza Unificata.”

Nella seduta del 22 settembre 2011, la Conferenza Unificata (cioè la “sede congiunta della Conferenza Stato-Regioni e della Conferenza Stato-Città ed autonomie locali“) ha istituito la Commissione speciale paritetica mista Governo, Regioni, Enti locali per il rinnovamento delle Istituzioni della Repubblica e per il sostegno allo sviluppo ed alla crescita economica (nel testo della delibera denominata “Commissione speciale paritetica mista Governo, Regioni, Enti locali”; articolo 1).

La Commissione per le riforme ha il compito di procedere (articolo 2), entro 90 giorni dal suo insediamento [è divenuta operativa il 10 gennaio 2012] alla elaborazione di:

· una proposta di riordino istituzionale che prenda in considerazione la legislazione vigente e i provvedimenti in itinere di rango costituzionale ed ordinario che impattano sull’assetto ordinamentale di Regioni, Province e Comuni, sull’assetto istituzionale ed amministrativo al fine di pervenire ad una riforma condivisa e complessiva in senso federale secondo i principi di riduzione degli organi e dei costi, di soppressione delle duplicazioni e di semplificazione dei processi decisionali, valorizzando comunque l’autonomia dei territori;

· una analisi dei costi di tutte le Istituzioni, organi, apparati della Repubblica ivi compresi gli Enti finanziati con risorse statali per perseguire l’obiettivo di riduzione della spesa pubblica.

Il testo della Delibera concernente la commissione speciale paritetica mista Governo, Regioni, Enti Locali per il rinnovamento delle istituzioni della Repubblica e per il sostegno allo sviluppo ed alla crescita economica lo trovi al seguente link:

http://www.statoregioni.it/Documenti/DOC_033473_80%20CU.pdf

Addio alle Giunte e nuove modalità elettive per le Province

A cura di Valter Giordano, Claudio Bongiovanni, Maurizio Barra, Nicola Garassino, Cristina Lavina, Rosanna Giordano e Franco Ferraro.

Nuove modalità elettive per le Province. Il testo del ddl

Addio all’elezione diretta dei consiglieri e del presidente. Si introduce un’elezione di secondo livello

È stato approvato nel consiglio dei ministri di venerdì sera 24 febbraio 2012 il disegno delle nuove Province italiane che definisce le nuove modalità elettive degli enti in attuazione di quanto già previsto nel decreto “Salva Italia”.

In particolare, il disegno di legge interviene direttamente sulla modalità di elezione dei consiglieri provinciali e dei presidenti delle Province. Al sistema elettorale attuale, basato sull’elezione diretta degli uni e dell’altro, si sostituisce un sistema proporzionale, fra liste concorrenti. Con un risparmio presunto per lo svolgimento delle elezioni di circa 118 mila euro per lo Stato e di circa 120 mila euro per le Province.

Tra gli aspetti essenziali della riforma presenti nel disegno di legge governativo, in primis, lo “sfrondamento” dei consigli provinciali che, in molti casi verranno più che dimezzati.

In secondo luogo, l’introduzione di una elezione di “secondo livello”: i candidati al seggio di consigliere provinciale potranno, infatti, essere soltanto i sindaci e i consiglieri comunali.

Gli eletti – si legge ancora nel testo - mantengono la carica di sindaco o consigliere comunale per tutta la durata del quinquennio provinciale di carica“. Qualora non interverranno ulteriori modifiche, si otterrà così il risultato di allungare in molti casi oltre la scadenza la vita dei consigli comunali.

Il presidente della Provincia sarà invece eletto a scrutinio segreto direttamente dai consiglieri assegnati alla provincia e a maggioranza assoluta dei voti.

http://www.leggioggi.it/wp-content/uploads/2012/02/disegno_di_legge_province.pdf

La nuova Proposta "legislativa" targata UPI

A cura di Valter Giordano, Claudio Bongiovanni, Maurizio Barra, Nicola Garassino, Cristina Lavina, Rosanna Giordano e Franco Ferraro.

Per una vera riforma delle istituzioni di area vasta

La proposta dell'UPI e delle Province interessate all'istituzione delle Città metropolitane.

E' stata presentata alla stampa il 9 febbraio 2012 in un incontro presso la sede UPI, la proposta che tiene insieme strumenti normativi che portino a breve alla concreta nascita delle città metropolitane, il riordino delle Province coerente con i principi della Costituzione, la razionalizzazione conseguente degli Uffici periferici dello Stato, l'eliminazione degli enti strumentali intermedi.

La proposta predisposta dall’Upi, in raccordo con i Presidenti delle Province interessati dalla istituzione delle Città metropolitane, a seguito dell’incontro organizzato a Firenze il 26 gennaio scorso, consente di riordinare profondamente la pubblica amministrazione italiana e di conseguire importanti risparmi da destinare al rilancio degli investimenti.

Link presentazione proposta di legge: http://www.upinet.it/docs/contenuti/2012/02/Presentazione%20proposta%20di%20legge.pdf

Delega riordino area vasta

http://www.upinet.it/docs/contenuti/2012/02/delega_riordinoareavasta_7febbraio2012.pdf

Province - Ricorsi ...costituzionali delle Regioni.

Situazione Ricorsi costituzionali:

Relativamente alla questione in argomento: la Regione Piemonte ha promosso e depositato specifico ricorso; la Regione Lombardia e la Regione Veneto hanno adottato, con deliberazione di Giunta, un atto propedeutico all’attivazione del medesimo percorso. Diversi Consigli delle Autonomie Locali (quello del Lazio, così come quello delle Marche) hanno all’unanimità chiesto ai rispettivi Presidenti di Regione di avviare siffatto procedimento.

UPI : prioritario salvare 60.000 addetti

A cura di Valter Giordano, Claudio Bongiovanni, Maurizio Barra e Franco Ferraro.

Pubblichiamo la recente dichiarazione UPI che mira a salvaguardare i 60.000 dipendenti delle Province

Notizia tratta dall’ansa

PROVINCE: UPI, PRIORITARIO SALVAGUARDARE 60 MILA ADDETTI

(ANSA) - ROMA, 9 FEB - ''Il valore, la professionalita' e il ruolo dei 60.000 dipendenti delle Province rischia di essere messo in discussione dal dibattito demagogico sull'abolizione delle Province. Dobbiamo considerare prioritario tutelare chi, ogni giorno, e' al servizio dei cittadini e dei territori''. Lo hanno detto il presidente e vicepresidente dell'Upi, Giuseppe Castiglione e Antonio Saitta, nell'incontro che l'Unione Province d'Italia ha avuto oggi a Roma con i Segretari Nazionali di Cgil, Cisl e Uil Funzione Pubblica, Rossana Dettori, Giovanni Faverin e Giovanni Torluccio. Nel corso dell'incontro, ricorda l'Upi, si e' concordato di elaborare un documento di proposta che costituira' la base di future iniziative comuni, tese a tutelare e valorizzare il ruolo delle istituzioni territoriali e dei lavoratori.

http://www.regione.vda.it/notizieansa/details_i.asp?id=131729

Il muro di "silenzio" sull' art. 18 che pare, nella p.a. di fatto superato

A cura di Valter Giordano, Claudio Bongiovanni, Maurizio Barra, Nicola Garassino, Cristina Lavina, Rosanna Giordano e Franco Ferraro.

E' inspiegabilmente calato il silenzio su un tema, l'art. 18 che già pare abbia colpito l'intera pubblica amministrazione. Come mai?
Per rompere il tabù, pubblichiamo un importante articolo tratto dal quotidiano Italia Oggi, che ci spiega le motivazioni. Il post che segue ci illustrerà altri particolari.

clicca sull'immagine per ingrandirla

Licenziamento per ragioni economiche

A cura di Valter Giordano, Claudio Bongiovanni, Maurizio Barra, Cristina Lavina, Nicola Garassino, Rosanna Giordano e Franco Ferraro.

Rompiamo il silenzio anche sulle nuove gravi misure legislative che consentono il licenziamento per "ragioni economiche".

Pubblichiamo, sul tema un articolo che ci spiega le ragioni che tanto ci preoccupano.

Licenziamento per “ragioni economiche”: come cade (silenziosamente) il mito del “posto fisso”
nella P.a. di Germana Caruso e Marika Di Biase.

La crisi finanziaria e gli impegni assunti con l’Unione europea chiamano in causa, oggi più che mai,
la necessità di un ridisegno complessivo del settore pubblico all’insegna della riduzione della spesa.
Abbattere quell’anomalia tutta italiana di una allocazione inefficiente delle risorse: questo l’obiettivo sottostante ad alcuni dei più recenti interventi normativi che hanno riguardato la P.a. La ricetta proposta dal Governo Monti è la spending review, un processo di riduzione chirurgica della spesa il cui effetto andrà a sommarsi, almeno inizialmente, ai risparmi conseguibili con l’applicazione dei tagli lineari disposti dalle Manovre estive.

Tuttavia, perché le misure intraprese siano produttive di risparmi effettivi è necessario il rilancio di un dibattito serio sulle riforme delle pubbliche amministrazioni, perché i risparmi non si producono solo con i tagli, ma, prima di tutto, con l’innovazione. Innovazione che nel settore pubblico va declinata in termini di razionalizzazione delle strutture e riorganizzazione delle funzioni.
Eppure, ogni qual volta si tenti di metter mano a processi di ristrutturazione, anche giusti in linea
teorica, soprattutto in ottica di lungo periodo, ci si scontra con la gestione di pesanti effetti
collaterali: quelle eccedenze di personale che, sino ad oggi, le amministrazioni pubbliche non hanno mai spontaneamente dichiarato.
Dalla creazione del Super Inps al disegno di riforma dell’Ente Provincia, il tutto sulla carta è racchiuso in una formula, quella del trasferimento delle risorse strumentali, umane e finanziarie.
Parole che fino a ieri non avrebbero destato rilevanti preoccupazioni e che, oggi, alla luce delle modifiche apportate alla disciplina delle eccedenze di personale nella P.A. potrebbero segnare il passaggio all’era di un pubblico impiego sempre meno protetto.
Ancorando la dichiarazione di eccedenza anche a dati gestionali, come le esigenze funzionali e la situazione finanziaria, la Legge di stabilità 2012 (l. n. 183/2011) ha inteso rendere più fluido e veloce il procedimento per dichiarare l'esubero dei dipendenti pubblici. Con la riscrittura dell’art. 33, d.lgs. 165/2001 risulta rafforzato l'obbligo delle p.a. di verificare, annualmente, l'adeguatezza
del numero dei propri dipendenti in relazione alle attività svolte. In più, la legge mette in relazione
diretta l'eccedenza di personale alle dipendenze della pubblica amministrazione con la rilevazione
di una «situazione finanziaria» tanto negativa da potervi rimediare mediante riduzione della forza lavoro.
Questo, in altri termini, equivale a sancire la possibilità di attivare un percorso finalizzato al licenziamento del dipendente pubblico, essenzialmente per «ragioni economiche».
E, pure trattandosi di una materia di impatto rilevante sul fronte del capitale umano, le relazioni sindacali sul punto vengono ridotte all’obbligo di informazione preventiva alle Rsu e ai sindacati firmatari del contratto nazionale. Non ci saranno tavoli per discutere i motivi delle eccedenze e per
trovare eventuali soluzioni, non c’è più alcun contenuto obbligatorio da inviare ai sindacati.

Il tentativo di ricollocare il personale al proprio interno o presso altre P.A., anche attraverso contratti flessibili di gestione del tempo di lavoro, resta di competenza della parte datoriale.
Il nodo è delicato. Con la nuova formulazione, un ente in difficoltà finanziarie – per mancato rispetto del patto di stabilità, in caso di situazioni prossime al dissesto o per mancato rispetto dei tetti di spesa del personale etc. – ha piena facoltà di decidere di ridurre il proprio personale. E può farlo senza dover dimostrare le mutate esigenze funzionali o organizzative.
Peraltro, quello dell’art. 33, rischia di tradursi in uno strumento arbitrario utilizzabile ad ampio raggio a fronte di esigenze di contenimento dei costi. E proprio perché potrebbe condurre a scelte di rilevante impatto, potenzialmente capaci di colpire nel mucchio, è necessario che in questa fase di riorganizzazione della P.A., la maggior autonomia datoriale rispetto alle scelte gestionali concessa dall’art. 33, si traduca in un rinnovamento dei modelli organizzativi più che in comportamenti adattivi e conservativi dello status quo.
Insomma, alla luce delle modifiche sopra esposte, per quanto riguarda il lavoro pubblico, «l’eventuale cancellazione dell’art. 18, non farebbe altro che acclarare l’esito di una riforma già avvenuta »(L. OLIVERI, L’art. 18? Nella p.a. è di fatto superato, Italia Oggi, 17 febbraio 2012).
E allora sorge spontanea una domanda. Perché la rivisitazione delle norme che presiedono la gestione degli esuberi nella P.a. ha avuto una risonanza mediatica tanto flebile?
La risposta possibile è una: il poliedrico ideologico celato dietro al fannullonismo è tanto forte e radicato da essere riuscito persino a far cadere, silenziosamente, il mito del “posto fisso”.

Germana Caruso
Scuola internazionale di Dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro
Adapt e CQIA - Università degli Studi di Bergamo
Marika Di Biase
Scuola internazionale di Dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro
Adapt e CQIA - Università degli Studi di Bergamo

Esuberi Inpdap e pseudo ...... esuberi

A cura di Valter Giordano, Claudio Bongiovanni, Maurizio Barra, Cristina Lavina, Nicola Garassino, Rosanna Giordano e Franco Ferraro.

Il tema "PERICOLO esuberi" costituisce un tema assai sentito.

Pubblichiamo per dovere di cronaca, un articolo tratto dal fatto.it con una serie di considerazioni che investono l'INPA, l'INPDAP e tutta quanta la Pubblica Amministrazione.

Esuberi Inpdap, presidente Inps al Fatto.it: “Li reintegriamo tutti e 700, ci metto la faccia”

Antonio Mastrapasqua assicura che, nonostante finora il governo non abbia dato indicazioni in merito, i lavoratori dell'istituto previdenziale cancellato dall'ultima finanziaria continueranno ad avere un posto di lavoro: "L'attenzione dei sindacati coincide con la nostra"


“Li riassorbiremo, ci metto la faccia con Il Fatto Quotidiano”. Forse non saranno i 700 lavoratori dell’Inpdap a inaugurare la stagione dei licenziamenti di Stato. Intervistato da ilfattoquotidiano.it il presidente dell’Inps Antonio Mastrasqua assume l’impegno a riassorbire tutto il personale dell’Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell’amministrazione pubblica soppresso d’ufficio dal governo Monti insieme all’Enpals.

Si tratta degli esuberi del piano per creare una “super Inps” che accorperà tutte le previdenze, pubblica e privata. Incamerando pensioni, mutui e immobili l’ente unico della previdenza avrà un bilancio da 400 miliardi da gestire ma non abbastanza per assorbire poche centinaia di lavoratori rimasti fuori dalla partita. Sono soprattutto gli ex portinai del patrimonio immobiliare dell’ente che le cartolarizzazioni di Tremonti hanno via via spogliato a metà dello scorso decennio. Rimasti senza immobili da custodire, i custodi sono stati inquadrati nei ruoli dell’ente, trasformati a suon di corsi di formazione in impiegati amministrativi. Hanno gestito e liquidato pensioni, trattamenti di fine servizio, riscatti, ricongiunzioni pur rimanendo al livello più basso per inquadramento e retribuzioni. E ora che sono stati tutti riconvertiti lo Stato ha deciso che non ha più bisogno di loro: andranno in mobilità e se non saranno riassorbiti potranno contare su due anni di cassa integrazione all’80% e poi saranno licenziati. L’epilogo poteva essere tragicomico con un decreto salva-Italia che, prima ancora di tagliare le pensioni, taglia il posto a chi le dà.

L’atto formale che mette alla porta gli ex custodi è stato scritto a due mani. A luglio il governo Berlusconi ha esteso al pubblico impiego la possibilità di mettere in mobilità il personale in esubero aprendo la strada ai licenziamenti di Stato e a procedure di mobilità che si stanno definendo presso i ministeri della Difesa e della Giustizia, le direzioni provinciali del Tesoro e le sopprimende province. Monti, insieme ai tagli alla pensione degli italiani, ha deciso di cancellare da un giorno all’altro anche il secondo ente previdenziale del Paese, un soggetto pubblico con 170 miliardi di bilancio, 3,5 milioni di dipendenti pubblici amministrati e 2,5 milioni di pensionati serviti. Ecco perché dal 12 dicembre i lavoratori hanno avviato una settimana di mobilitazione all’insegna del “No Monti day” e alcuni di loro hanno occupato la presidenza della direzione generale dell’Inpdap, al settimo piano di via Ballarin 42. Il giorno dopo hanno protestato davanti al ministero del Lavoro, fino a quando il titolare Elsa Fornero – informata del presidio – si avvicinata ai circa 200 manifestanti. In poche battute il ministro liquida le speranze in una soluzione pronto-uso: “Abbiamo discusso pochissimo perché non c’era il tempo. Questo decreto è stato chiamato da Monti salva-Italia e, ci potete credere o no, ma questo era l’obiettivo”. Lasciato il presidio la Fornero è salita in macchina e ha telefonato al presidente dell’Inps che sta ereditando la patata bollente. Antonio Mastrapasqua non cade dalle nuvole ma non ha una risposta pronta. La darà una settimana dopo dichiarando il proprio impegno a far rientrare tutti gli esuberi sotto l’ombrello del nuovo ente unico: “Ci metto la faccia con loro e con voi”, dice.

Chi ha creato questo pasticcio dei lavoratori Inpdap?

C’è un po’ di confusione sulla vicenda. La manovra Monti ha cancellato l’ente stabilendo l’accorpamento ma è stata la manovra di luglio del precedente governo a stabilire gli esuberi che non sono effetto dell’operazione di accorpamento degli enti. Questi lavoratori sono stati tolti dalla pianta organica dell’Inpdap prima. Le compentenze sono ancora formalmente in capo a Inpdap fino a quando il decreto Monti non sarà pubblicato.

Ma tutto lascia pensare che una soluzione non sarà trovata prima che la patata bollente arrivi tra le sue mani in qualità di presidente unico…

Già il direttore generale dell’Inpdap mi ha assicurato che si sarebbe subito adoperato per prospettare delle soluzioni, prima ancora che le competenze siano trasferite con effetto di legge. Poi certo il problema passerà anche formalmente a me.

Se la sente di prendere un impegno preciso verso questi lavoratori che da settimane sono in agitazione?

La mia volontà e il mio impegno è di mantenerli negli organici dell’istituto così come stavano in quello soppresso dal quale provengono. Io mi adopererò per far sì che si riesca a tutelare la totalità di queste persone che sono risorse valide mi dicono, se svolgevano un lavoro utile all’Inpdap prima potranno svolgerlo presso la nuova Inps oggi. Privarsene sarebbe una perdita e io questo impegno lo prendo prima di tutto con loro, poi verso l’ente che può avere bisogno di questi lavoratori. E lo prendo anche con voi: se volete dire che ci metto la faccia, ditelo. Ma ci metto anche l’impegno.

Resta il fatto che i sindacati sono sul piede di guerra da settimane…

Lo sono perché c’è una legge ed è chiaro che tengono alta l’attenzione, ma l’attenzione loro coincide con la nostra. Questa legge c’era prima quando erano di ruolo all’Inpdap e c’è oggi in casa Inps e va risolto.

Ma se la legge di luglio li indica come esuberi come si torna indietro?

Le tecnicalità sono effettivamente complesse. Basta pensare che la stessa legge che determina la chiusura dell’Inpdap è in corso pubblicazione. Ma sono certo che saranno individuati gli opportuni strumenti per risolvere questo aspetto, potrebbe essere una direttiva amministrativa o un atto interministeriale. Ogni strada nella direzione della loro salvaguardia la percorreremo.

Con l’abolizione dell’Inpdap alcuni lavoratori si sono trovati la pratica di mutuo bloccata. Che cosa è successo?

Il problema si è verificato la scorsa settimana, alcuni mutui sono stati bloccati perché c’era il decreto che stabiliva la soppressione dell’ente di garanzia ma non emendato e questa situazione ha sollevato dubbi presso gli uffici giuridici del Ministero. Si è rimendiato con un emendamento al testo convertito in legge ieri che ha stabilito la continuità amministrativa e ha fatto proseguire l’attività ordinaria dei due enti soppressi attraverso gli organi ancora esistenti. E io ho firmato le procure a favore di due dirigenti Inpdap autorizzandoli a validare le pratiche che si erano bloccate.

Una battuta sul cosiddetto super-Inps. Una gigantesca macchina di soldi e lei solo alla guida. Come pensa di tenere a bada interessi, condizionamenti e pressioni da parte delle lobby d’affari, ealle banche e dei partiti?

E’ vero che il bilancio dell’ente unico della previdenza è di circa 400 miliardi, ma di pensioni che si pagano e non di acquisti. Non c’è la lobby di chi vuole erogare pensioni. Le cifre sono grandi ma si erogano e non vanno intese come delle disponibilità. Sono le cifre che l’Inps prima e oggi insieme all’ex Inpdap deve erogare e tutte le erogazioni sono regolate da leggi dello Stato. Ammesso che qualcuno voglia esercitare pressioni o ingerenze deve prima cambiare le leggi e non può farlo certo intervendo sui vertici dell’istituto.

Oltre a presiedere l’Inps lei è anche amministratore delegato di Italia Previdenza, la Società italiana di servizi per la previdenza integrativa. Questa circostanza, unita all’abolizione del secondo ente previdenziale pubblico, rinsalda il sospetto che si voglia privatizzare il sistema pensionistico e spalancare le porte alle banche.

Assolutamente no. Prima c’erano due istituti pubblici ora ce ne sarà uno solo, più grande, più solido. Tutto quello che si fa in questo ambito è regolato dalla legge e dal punto di vista funzionale non cambia proprio nulla rispetto a prima.

Quindi non è un’operazione sotto traccia per spogliare il pubblico a favore del privato?

L’Inps è e rimane pubblica. Punto. Posso capire il timore di chi vede le erogazioni gestite transitare da una operatività all’altra ma l’accorpamento non cambia nulla su questo fronte. Lo si è scelto per fare efficienza e ridurre i costi di gestione mettendo a fattor comune competenze e capacità interne. Non per cambiare la natura del sistema previdenziale pubblico.

Lavoratori e sindacati restano in agitazione: “Ottima notizia, ora aspettiamo i fatti”

I lavoratori ci vogliono credere ma la parola del presidente dell’Inps non basta. Resta infatti incerto lo strumento che permetterà di rimedierà alla situazione, visto che la legge sarà pubblicata e avrà effetto immediato. Preoccupano poi le ripercussioni generali dell’operazione di accorpamento degli enti previdenziali che ufficialmente viene motivata con l’esigenza del controllo della spesa e del risparmio. Ma il timore è che dietro ci sia ben altro. “Io mi scandalizzo perché non vedo alcun beneficio per cittadini da una simile operazione, nemmeno il risparmio di risorse. Mi spieghino il nesso con la crisi economica, se mai ve n’è uno. Che non sia la crisi delle banche. Mi scandalizzo perché, per favorire i privati, si abbatte il sistema pubblico”, scrive al Fatto Cristina Brunelli, dipendente della sede Inpdap di Verona interessata a 5-6 procedure di mobilità. “Sopprimere il primo polo di previdenza pubblica, con costi di gestione peraltro più bassi rispetto all’Inps, a rigor di logica significa favorire la previdenza privata. Immaginiamo per un istante cosa può significare sopprimere un Istituto che controlla previdenza e credito di tutti i dipendenti pubblici italiani (sanità, scuola, militari, enti locali, ecc)… spese di implementazione di programmi, formazione del personale, riorganizzazione delle sedi. Spese, spese, spese. E soprattutto un disservizio che favorirà la rincorsa disperata a sistemi di previdenza privata. In primis, una corsa ai Fondi di Previdenza Complementare di cui i Sindacati sono co-gestori. Si potrà dire che il Super Inps non funziona. Quale ghiotta occasione per svenderlo alle banche, con l’enorme flusso di liquidità che ciò potrebbe comportare?”.

La geografia degli interessi in campo, secondo Massimo Briguori (Usb), non esclude nessuno. “L’accorpamento degli enti previdenziali comporta che in una sola società pubblica confluiscano 400 miliardi di euro. Nemmeno il ministero del Tesoro si ritrova un portafoglio simile da gestire. Che fa ovviamente gola alle banche. Sopprimere il secondo ente previdenziale del Paese significa dare una spinta maggiore a chi sostiene che ci sia bisogno della previdenza complementare e di privatizzare il settore sostituendo al soggetto pubblico quello privato. I sindacati non sono immuni da interessi visto che sono pochi giorni fa Bonanni è tornato a chiedere l’obbligatorietà della previdenza complementare”. C’è il mondo della finanza che preme per gestire la partita del credito e dei mutui che vale due miliardi l’anno. Ci sono gli appalti a sei zeri. “Se il patrimonio immobiliare è il grande business del decennio scorso, la rete dei sistemi informatici è quella di oggi. Solo le commesse per la gestione dei database dal 2004 al 2009 hanno mosso commesse per 500 milioni di euro”.

E poi ci sarebbero i partiti, le lobby e i gruppi di potere per i quali il controllo sulla mega-struttura significa voto di scambio legato ai posti di lavoro e sottogoverno. “Chi siederà sulla poltrona del super Inps avrà un potere senza contrappesi, totale. Il Presidente Napolitano farà anticamera alla sua porta”, sostiene Briguori. “Le logiche spartitorie sono chiare. A capo del superente per designazione diretta di Gianni Letta siederà fino al 2014 Antonio Mastrapasqua, attuale presidente Inps e in quota al Pdl, il presidente Inpdap Paolo Crescimbeni è in quota An mentre quello dell’Inail è in quota Lega”.

Anche il Pd giocherebbe la sua partita, ma secondo una visione propria che punta alla coesistenza dei sistemi pubblico e privato. “Nel 2006 Romano Prodi aveva già ipotizzato l’idea di una super-holding ma divisa in due rami autonomi nella governance e non subalterni. Del resto c’è una parte del centro sinistra che presta il fianco ai sindacati e alle banche di riferimento che vorrebbero partecipare attivamente alla gestione dei fondi pensione e all’organizzazione del nuovo ente unico”.

Ora tutti gli occhi sono puntati sullo strumento che si adotterà per bypassare il decreto di luglio che è legge. E infatti la protesta continua. Il 28 dicembre è convocata una nuova assemblea a Roma che non esclude più incisive iniziative di lotta. Anche perché la vicenda dei lavoratori dell’Inpdap è solo un assaggio di quello che sta per accadere nel pubblico impiego: “Altre procedure di mobilità sono in corso presso il Ministero della Difesa per circa 2mila unità, al Ministero di Grazia e Giustizia si chiudono uffici e altri esuberi si stanno preparando nelle direzioni provinciali del Tesoro che saranno poste in capo alle regioni, la ciliegina sulla torta dei dipendenti delle province arriverà presto”, spiega Briguori. “Ancora non si è percepito ma la situazione sta per esplodere. Ed è solo l’inizio perché la finanziaria del governo Berlusconi ha disposto il taglio del 10% degli organici nella pubblica amministrazione. Con l’accorpamento degli enti previdenziali la nuova Inps arriverà a 30mila dipendenti e per 3mila scatta l’incubo della mobilità con la prospettiva della cassa e del licenziamento. Non c’è dubbio, il governo Monti in continuità con quello precedente, ha stabilito il controllare della spesa pubblica non si fa tagliando sprechi e privilegi ma tagliando gli organici”. Da qui, la decisione dei sindacati di categoria di indire uno sciopero generale per il 27 gennaio.

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Più divisi ....non si può !

In un momento in cui dovrebbe su tutto prevalere la strenua difesa del posto di lavoro, rifioriscono le litigiosità tra le OO.SS..

infatti, oltre alla "fisiologica" litigiosità del momento, causata dalle elezioni RSU, si somma nell'Ente, un'altra accesa rivalità che "tocca" le segreterie sindacali in merito allo scottante tema dei tavoli di contrattazione separati.

E' infatti giunta recente notizia che le segreterie sindacali CISL e UIL con apposita lettera hanno richiesto all'ente l'istituzione di tavoli di contrattazione separati dai sindacati autonomi (CSA su tutti ed USB).

Alla prima riunione sindacale avremo per l'ennesima volta tavoli separati.

La RSU, al pari della segreteria CGIL potrà partecipare ad entrambi "i tavoli".

Considerato il momento che viviamo, è' auspicabile che sia la CISL che la UIL rivedano al più presto questa loro intransigente posizione (per il momento).