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30 novembre 2012

REGIONE PIEMONTE: CON LA DCR 218, “INTERVENTI URGENTI PER LA RAZIONALIZZAZIONE DELLE SPESE REGIONALI”, IN DISCUSSIONE IN CONSIGLIO REGIONALE PEGGIORATA CON GLI EMENDAMENTI BURZI E VIGNALE A RISCHIO I POSTI DI LAVORO DELL’ENTE REGIONE, DEGLI ENTI AUSILIARI E DEGLI ENTI STRUMENTALI.

  A CURA DI  CLAUDIO BONGIOVANNI, VALTER GIORDANO, GUIDO MARINO, MAURIZIO BARRA E FRANCO FERRARO

PUBBLICHIAMO IL COMUNICATO EDITO DALLA CGIL UNITAMENTE ALLA CISL ED ALLA UIL (COMPARTI FUNZIONE PUBBLICA) MIRATO AD ORGANIZZARE UNA MANIFESTAZIONE DI PROTESTA.

Martedì 4 dicembre il consiglio regionale voterà la delibera di consiglio regionale “interventi urgenti per la razionalizzazione delle spese regionali” ed i relativi emendamenti.

Tra questi il consigliere VIGNALE presenterà un nuovo emendamento, sembra condiviso dalla maggioranza consigliare che prevede:

a. la riduzione della spesa delle dotazioni organiche del personale dirigente in misura non inferiore  al 20 per cento di quelle esistenti. Per le AA.SS.RR. la riduzione non si applica alle dotazioni organiche del personale sanitario;

b. Le dotazioni organiche del personale non dirigente in misura non inferiore al 15 per cento della spesa complessiva relativa al numero di posti di organico di tale personale esistenti.


Per gli Enti di ricerca e per le AA.SS.RR. la riduzione di cui alla presente lettera si riferisce alle dotazioni organiche del personale non dirigenziale , esclusi i ricercatori, i tecnologi e il personale sanitario.
 L’emendamento inoltre prevede che:
“I provvedimenti di riduzione delle dotazioni organiche di cui al comma 2, devono, peraltro, garantire una riduzione del costo del personale pari almeno al 15 per cento di quello sostenuto nel corso del 2012”.


Questo emendamento è il preludio al licenziamento, previa messa in mobilità, di 303 lavoratori a tempo indeterminato tra enti strumentali (Parchi, APL, IRES, EDISU, ARPA) ed enti ausiliari (ATC) e di 146 precari.
 

A cui occorre aggiungere 364 dipendenti regionali a cui occorre aggiungere 50 COCOCO e, dal 1 gennaio 2014, tutti i 199 precari a tempo determinato della Regione Piemonte.

 A questa follia noi rispondiamo con una manifestazione REGIONALE di tutte le lavoratrici ed i lavoratori degli enti interessati:
 

REGIONEPIEMONTE, ATC, ARPEA, EDISU, IRES, APL, ARIA e ENTI PARCO


che si terrà
 Martedì 4 Dicembre 2012
Dalle ore 14.00 alle ore 16.30
Sotto il Consiglio Regionale della Regione Piemonte 

Province, una riforma tra l’incudine e il martello

A CURA DI  CLAUDIO BONGIOVANNI, VALTER GIORDANO, GUIDO MARINO, MAURIZIO BARRA E FRANCO FERRARO

 articolo tratto da leggioggi.it link diretto

La rinviata pronuncia della Consulta a data da destinarsi potrebbe essere interpretata come un avviso di bocciatura della riforma, non espressamente dichiarato per pura cortesia istituzionale nei confronti del Governo e del Quirinale


Il sostanziale arresto del D. L. 188/2012 di riforma delle province in commissione Affari Costituzionali del Senato, che potrebbe determinare il rischio reale di veder naufragare la riforma delle Province italiane, non è l’unico motivo di preoccupazione del governo.
A questo deve aggiungersi che il rinvio dell’udienza attraverso la quale la Corte costituzionale avrebbe dovuto decidere in merito alla vicenda delle province, non mette affatto la riforma a riparo da rischi di incostituzionalità. Infatti, se in un primo momento il rinvio dell’udienza era stato avvertito da alcuni come una cieca ratifica delle decisioni del governo da parte della Corte, l’evoluzione che ha avuto questa vicenda nel corso degli ultimi mesi, potrebbe portare ad una diversa spiegazione, addirittura opposta, rispetto ai motivi che hanno indotto la Corte a decidere di non decidere.
La giustificazione fornita era stata che il presidente della Consulta riteneva di non poter ancora entrare nel merito di una materia che è in continua evoluzione. In realtà le due questioni su cui i giudici avrebbero dovuto esprimersi, vale a dire, la natura dell’ente (trasformazione da ente di primo livello ad ente di secondo livello) e delle funzioni (svuotamento sostanziale delle funzioni provinciali) erano già state approvate definitivamente dal Governo nel famoso decreto salva Italia poi convertito in legge. Ciò sarebbe stato più che sufficiente per consentire alla Consulta di entrare nel merito senza dover attendere altro. Del resto, non si scappa, una norma o è costituzionale o non lo è. Questa inerzia potrebbe dunque avvalorare quanto dichiarato da molti costituzionalisti che in questi ultimi tempi hanno contestato la riforma, tacciandola di palese incostituzionalità. La rinviata pronuncia a data da destinarsi, potrebbe confermare queste tesi ed essere interpretata come un avviso di bocciatura della riforma, un avviso di cambiare rotta, non espressamente dichiarato per pura cortesia istituzionale nei confronti del Governo e del Quirinale.
Non sarà un rinvio sine die, tra pochi mesi sapremo quale sarà la sorte delle province italiane.

29 novembre 2012

Italia Oggi: Agenzie regionali al posto dei centri per l'impiego

 A CURA DI  CLAUDIO BONGIOVANNI, VALTER GIORDANO, GUIDO MARINO, MAURIZIO BARRA E FRANCO FERRARO

 Articolo tratto da ItaliaOggi del 23/01/2012

Agenzie Regionali al posto dei centri per l'impiego

Agenzie regionali per il lavoro potrebbero subentrare alle province per la gestione dei servizi per l'impiego. È questa l'idea coltivata dal ministro del lavoro Fornero, sottoposta sotto la voce «Riforma dei servizi per l'impiego e delle politiche attive, di cui alla delega contenuta nell'articolo 4, comma 48, della legge n. 92 del 2012», alle regioni in occasione della Conferenza delle regioni e delle province autonome dello scorso 16 novembre, cui ha partecipato l'Assessore della regione Toscana, che coordina la materia «Lavoro» nell'ambito della Commissione IX della Conferenza delle regioni e province autonome. Il ministero intenderebbe attuare la delega legislativa prevista dall'articolo, 4, comma 48, della legge 92/2012 (che ha modificato l'articolo 1, comma 30, lettera a) della legge 247/2007), in tema di ridefinizione degli assetti delle funzioni di politica attiva per il lavoro, sottraendole alle province, attualmente competenti, per avventurarsi nelle agenzie regionali. Partendo, probabilmente, dall'assunto che quasi tutte le regioni sono dotate di «agenzie» in vario modo organizzate e costituite, preposte al coordinamento delle politiche attive per il lavoro, ai sensi del dlgs 469/1997. Si tratterebbe di un'idea in netto contrasto con le dichiarazioni del ministro Patroni Griffi, il quale nei giorni scorsi si è detto sostanzialmente contrario all'assegnazione alle regioni di tutte le competenze delle province, in particolare perché si correrebbe il rischio appunto del proliferare di agenzie e dell'incremento del costo del personale provinciale di oltre il 20%. I dipendenti delle province potenzialmente interessati sono circa 7 mila. Il rischio dell'aumento del costo delle retribuzioni, in realtà, è inesistente perché è operante l'articolo 9, comma 1, del dl 78/2010 che, come noto, congela le retribuzioni individuali di tutti i dipendenti pubblici. In ogni caso, la proposta del ministro spiegherebbe come mai la funzione delle politiche attive del lavoro, nonostante la sua ovvia strategicità, non è stata indicata tra quelle fondamentali delle province nella legge 135/2012. Secondo la proposta Fornero, le agenzie dovrebbero lavorare in maggior sinergia con l'Inps, garantendo un raccordo tra politiche attive e assegnazione degli ammortizzatori; il decreto, poi, dovrebbe specificare meglio i rispettivi ruoli dei soggetti pubblici e privati. Luigi Oliveri

Riforma Province - UPI: documento ed emendamenti al D.L. 188/2012.

A CURA DI  CLAUDIO BONGIOVANNI, VALTER GIORDANO, GUIDO MARINO, MAURIZIO BARRA E FRANCO FERRARO

Per approfondimenti inerenti le osservazioni e gli emendamenti al D.L. n. 188 del 5 novembre 2012 presentati dall'UPI


Dl province: De Filippo, Regioni contrarie a decreto di riordino


News da BESSONE-SCARZELLO-PUNZI-FEA-ROSSO

 Dl province: De Filippo, Regioni contrarie a decreto di riordino
 

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Roma, 29 nov - "Parere nettamente negativo alle ipotesi di riordino delle Province". Lo ha espresso il presidente della Regione Basilicata, Vito De Filippo, intervenendo insieme alla Presidente della Regione Umbria, Catiuscia Marini, nel corso di un'audizione presso la commissione Affari costituzionali del Senato

De Filippo, membro dell'ufficio di Presidenza della Conferenza delle Regioni, ha innanzitutto ricordato come il parere espresso sull'argomento sia sempre stato negativo ed ha illustrato le principali quattro ragioni di contrarieta' della Conferenza. Il Presidente ha prima di tutto sottolineato "l'utilizzo della decretazione di urgenza per una materia di rilevanza costituzionale", poi ha rimarcato "la schizofrenica applicazione dei criteri di riordino, con eccezioni fatte per alcune situazioni a fronte della pedissequa osservanza dei parametri di popolazione e territorio in altre realta' dove si creerebbero Regioni con una sola Provincia". Inoltre secondo De Filippo "il provvedimento renderebbe difficile l'organizzazione delle funzioni di questo ente di secondo livello, lasciando irrisolte questioni quali le sorti del personale, il ripiano dei mutui o la definizione delle pendenze finanziarie degli enti che scomparirebbero". Infine, il presidente della Basilicata ha criticato "l'orrenda corrida che si e' causata nell'indicazione dei comuni capoluogo, ancora una volta per la mancanza di indicazioni chiare nella legge. Motivi questi - ha concluso De Filippo - che portano le Regioni ad esprimere un parere contrario e ad invitare il Parlamento ad evitare di dare il via libera ad un provvedimento con le criticita' segnalate".

 (RADIOCOR) 29-11-12 17:41:55

Decreto riordino Province: Audizione in Senato


 News da BESSONE-SCARZELLO-PUNZI-FEA-ROSSO

 Decreto riordino Province: Audizione in Senato

Saitta Province: “Chiediamo serietà e coerenza. Si modifichi il testo e si approvi il decreto”

“Le Province chiedono a gran voce una prova di serietà e di coerenza. E’ chiaro a tutti, perfino al Governo, che ci sono molti nodi su cui è necessario intervenire, e che come Upi abbiamo chiaramente evidenziato. Chiediamo al Parlamento di intervenire, nella sua autorevolezza, dimostrando di essere in grado di trovare le soluzioni opportune, migliorando il decreto sul riordino in modo che sia più rispettoso delle prerogative espresse dalle comunità locali e alleggerendo il peso di manovre economiche palesemente inique. Opportunamente modificato, il decreto dovrà essere approvato, o si rischia di innescare nuovo caos”. Lo ha detto il Presidente dell’Upi, Antonio Saitta, intervenendo oggi in audizione alla Commissione Affari Costituzionali del Senato sul Decreto Legge 188 di riordino delle Province.

“L’Upi ritiene indispensabile che il Parlamento intervenga sul testo del Governo, modificando alcune delle questioni che per i territori restano dirimenti, a partire da alcuni accorpamenti troppo forzati che stanno creando grosse difficoltà nelle comunità, dalle norme che cancellano i livelli democratici eletti, che non riteniamo ammissibili, fino al chiarimento delle funzioni attribuite alle Province. A questo si aggiunge il drammatico taglio ai bilanci operato con le manovre economiche, che sta mettendo a duro rischio la nostra possibilità di continuare ad assicurare ai cittadini servizi essenziali e di qualità, a garantire scuole sicure e accoglienti, strade libere dalla neve e agibili, investimenti e interventi per tutelare il territorio e contrastare il dissesto idrogeologico. Sono nodi su cui chiediamo l’intervento del Parlamento, anche per dimostrare ai cittadini che le istituzioni italiane sono in grado di collaborare seriamente e costruttivamente quando si tratta di avviare processi di riforme, e che sono in grado di portarli a termine. Bloccare il percorso proprio ora non approvando il decreto di riordino o restando sordi alle nostre proteste – ha concluso Saitta - sarebbe una resa davvero incomprensibile, soprattutto per i cittadini, e metterebbe a rischio i servizi essenziali garantiti dalle Province alle comunità”.


(29-11-2012)

28 novembre 2012

Appello della RSU della Provincia di ALessandria: invita i colleghi delle altre amministrazioni piemontesi a mobilitarsi

A CURA DI  CLAUDIO BONGIOVANNI, VALTER GIORDANO, GUIDO MARINO, MAURIZIO BARRA E FRANCO FERRARO

Raccogliamo e pubblichiamo  l'appello "lanciato" dai colleghi della RSU di Alessandria.
 articolo edito dalla stampa - link diretto

Provincia, la Rsu invita i colleghi delle altre amministrazioni piemontesi a mobilitarsi.

La Rappresentanza sindacale unitaria della Provincia di Alessandria invita tutte le Rsu delle altre Province  piemontesi ad organizzare, nel più breve termine possibile, iniziative per  esercitare una pressione costante ed omogenea sui parlamentari del proprio territorio di appartenenza.

Un po' come appunto i sindacati dei lavoratori hanno fatto a Palazzo Ghilini incontrando, insieme con una delegazione del personale precario, quattro parlamamentari locali eletti in zona: i deputati Mario Lovelli e Franco Stradella, la senatrice Rossana Boldi e l'europarlamentare Oreste Rossi.

"Scopo di questa iniziativa - dice la Rsu - organizzata di concerto con la giunta provinciale (erano presenti anche il presidente della Provincia, Paolo Filippi e l'assessore Cesare Miraglia) e la delegazione trattante di parte pubblica, è quella di sensibilizzare deputati e senatori ad attivarsi prontamente affinché il processo di riordino delle Province combinato con la quasi totale riduzione dei trasferimenti statali e regionali, non determini una situazione che a breve termine potrebbe assumere connotazioni socio-economiche molto critiche".

Il caos nel PDL blocca le camere stop a fisco e province, ira del governo

A CURA DI  CLAUDIO BONGIOVANNI, VALTER GIORDANO, GUIDO MARINO, MAURIZIO BARRA E FRANCO FERRARO

articolo edito da la Repubblica

Il caos nel PDL blocca le Camere stop a fisco e province.
"Berlusconi non votate più niente".

Per una lettura facilitata clicca sull'immagine che segue (esc per tornare al blog)

 



  

Province, si tratta a Palazzo Madama:l'accandonamento é sempre più vicino

A CURA DI  CLAUDIO BONGIOVANNI, VALTER GIORDANO, GUIDO MARINO, MAURIZIO BARRA E FRANCO FERRARO

Articolo edito da il secolo d'italia.

Il confronto é aperto ma il rischio che il Decreto sulle Province possa essere definitivamente affossato é molto alto.

Per una lettura facilitata clicca sul testo che segue (premi esc per tornare al blog).


  

PROVINCE:P.GRIFFI,SI'CONFRONTO,MA SENATORI DUBBIOSI IN COMMISSIONE AFF.COSTITUZIONALI; VIZZINI, CONCORDEREMO ITER

A CURA DI  CLAUDIO BONGIOVANNI, VALTER GIORDANO, GUIDO MARINO, MAURIZIO BARRA E FRANCO FERRARO

ansa link diretto alla notizia

 19:53 >ANSA-FOCUS/ PROVINCE:P.GRIFFI,SI'CONFRONTO,MA SENATORI DUBBIOSI
IN COMMISSIONE AFF.COSTITUZIONALI; VIZZINI, CONCORDEREMO ITER


ROMA, 27 NOV - L'iter istituzionale per l'approvazione del processo di riordino delle Province pare di colpo aver perso il ritmo necessario per la conversione in legge - il cui termine ultimo scade il 5 gennaio - complice anche l'aria da fine legislatura che ormai caratterizza Camera e Senato. Intanto, esaurito stamattina in Commissione Affari Costituzionali al Senato il confronto sulle linee generali del decreto (il 188), si va delineando l'arrivo in Aula del testo, pur tra piu' di un dubbio dei senatori e la probabile reintroduzione della pregiudiziale di incostituzionalita' da parte di Pdl e Lega. Intanto nella riunione di oggi in Commissione Affari Costituzionali il ministro per la P.A. Filippo Patroni Griffi, presente alla discussione, ha confermato lo spiraglio sul confronto nel merito, pur tra tantissimi distinguo dei commissari, praticamente tutti, da sinistra a destra.

''Il governo ha fatto le sue scelte e se ne assume per intero le sue responsabilita''', ha premesso Patroni Griffi al termine della riunione della Commissione Affari Costituzionali, spiegando che in ogni caso l'esecutivo ''e' aperto al confronto. Ma ora - ha aggiunto - bisogna riflettere, anche se e' chiaro che alla fine decide il Parlamento'', ha poi tagliato corto.

Costruttivo ma con qualche distinguo l'atteggiamento del presidente della Commissione Carlo Vizzini, che ha annunciato un incontro nelle prossime ore con Patroni Griffi per mettere a punto ''un possibile percorso per il decreto sulle Province''. Non senza aggiungere pero' che, ''pur percependo bene il fermento che grava intorno al provvedimento, e' pero' sotto gli occhi di tutti il momento critico che sta attraversando la legislatura, arrivata ormai agli sgoccioli, cosa di cui spero il governo sappia rendersi conto''. Intanto, in vista dell'audizione di giovedi' con Upi, Anci e Conferenza delle Regioni, uno dei relatori, il Pdl Filippo Saltamartini, ha tenuto a prendere le distanze sul trattamento riservato alle Province e ha spiegato di ''comprendere bene le loro ragioni'', visto ''che sono alle prese con un terzo provvedimento dopo il decreto Salva Italia e quello sulla spending review''. Ma dall'esame del testo, ha poi attaccato, ''e' emersa in Commissione la richiesta di conformare il testo alla Carta Ue delle Autonomie, che prevede che in caso di accorpamento dei territori vengano ascoltati i cittadini dei territori per conoscere preventivamente il loro parere''. Disponibile a rimettere mano al decreto anche Roberto Calderoli, che tra l'altro ha minacciato di rimettere la pregiudiziale di costituzionalita' in Aula: ''sono pronto a incontrare il Ministero per la P.A. per riscrivere il testo - ha detto l'ex ministro della Lega - ma qualcuno deve capire che non si puo' calpestare la Costituzione, come e' stato fatto con il Salva Italia e con la spending review''. Critico anche Mauro Marino del Pd, secondo il quale del dl ''non si e' prestata la necessaria attenzione ai particolari'' e comunque ''si poteva fare meglio''. Caustico infine Pancho Pardi, capogruppo in Commissione per l'Idv: ''credo che il decreto presenti rischi di incostituzionalita', perche' non e' possibile prevedere di far decadere Giunte e Consigli di un'assemblea democraticamente eletta''.
 

Province, i funzionari prefettizi: "No a ipotesi riordino"

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Province, i funzionari prefettizi: "No a ipotesi riordino"

Province, i funzionari prefettizi:
La nuova ipotesi di organizzazione di Prefetture, Questure e Comandi provinciali collegata al riordino delle Province, illustrata ieri in un incontro dal ministro dell'Interno Annamaria Cancellieri, non piace al Sinpref, l'Associazione sindacale dei funzionari prefettizi.

"Dal testo che ci è stato sottoposto - afferma il Sinpref in una nota - emerge che, di certo, vi sarà una riduzione dei servizi dei cittadini sul territorio a fronte della quale non c'è alcuna indicazione dei risparmi che verranno conseguiti.

L'unico aspetto positivo del testo del regolamento è che finalmente lo Stato sul territorio trova un unico punto di riferimento istituzionale per i cittadini, per il sistema degli enti locali e per le imprese, che nei capoluoghi di provincia sarà l'Utg.

Per il resto si rompe il sistema della sicurezza sul territorio e si lasciano sguarnite intere aree del Paese in un momento in cui tensioni sociali, crisi economica, disoccupazione e infiltrazioni della criminalità organizzata richiederebbero un rafforzamento del sistema sicurezza".

In pratica, spiega l'associazione, "il cittadino di Sondrio (183.000 abitanti) che vede mantenute la Prefettura e la Questura sarà, quindi, più tutelato del cittadino di Padova - Treviso (1.800.000 abitanti) dove, al momento, sono previste analogamente una sola Prefettura e una sola Questura".

"Ma è questo che vogliono i cittadini, la politica e gli enti locali? Il Sinpref ha proposto da tempo altre soluzioni di risparmio, al momento inascoltate. Si lasciano serenamente intatti centinaia di uffici ministeriali, dei quali i cittadini non avvertono il bisogno ma che mostrano, oggi più che mai, di aver assunto segreti, efficacissimi antidoti alla tanto sbandierata spending review. Sembra di assistere al solito balletto della politica" conclude l'associazione.

Riordino province, Griffi attende gli emendamenti : 'Il Governo è aperto al confronto'

news da BESSONE-SCARZELLO-PUNZI-FEA-ROSSO


28/11/2012 

Riordino province, Griffi attende gli emendamenti : 'Il Governo è aperto al confronto'





"Il governo ha fatto le sue scelte ed è aperto al confronto. Ora la responsabilità passa al Parlamento”. Lo ha detto il ministro della Pubblica Amministrazione, Filippo Patroni Griffi, lasciando nella serata di ieri l’aula della commissione Affari Costituzionali del Senato, riunita sul decreto che riordina le Province. “Ho assistito alla discussione generale - ha sottolineato Griffi - e valuteremo gli emendamenti". Il termine per la presentazione delle proposte di modifica scade il prossimo lunedì 3 dicembre, ma il provvedimento è già calendarizzato per l’Aula a partire da venerdì. Un'apertura, a cento giorni dal voto, che potrebbe anche portare alla ridiscussione generale dei parametri stabiliti dal decreto legge. Potrebbe essere una buona notizia per l'autonomia provinciale di Benevento ma allo stesso tempo un "pericolo" per la questione capoluogo. Impossibile fare previsioni, si attendono gli emendamenti mentre il lavoro in commissione Affari Costituzionali al Senato continua. In questo scenario i partiti sono pronti a schierarsi.
Il Pdl è orientato a ripresentare in Aula la pregiudiziale di costituzionalità al dl Province. Lo ha riferito uno dei due relatori in commissione Affari costituzionali del Senato, Filippo Saltamartini, che ha spiegato che da parte del governo c’è la disponibilità “a razionalizzare e a sostenere il decreto nel suo complesso”. In commissione, ha aggiunto, “è emersa da diversi interventi la richiesta di conformare il testo alla Carta delle Autonomie europee che prevede che i territori siano sentiti preventivamente”.”Sul riordino delle Province si poteva fare maglio, non a caso in Commissione ci sono molte perplessità su una mancanza di visione d’insieme che percepiamo essere presente nel decreto”: lo ha affermato il senatore Mauro Marino (Pd), membro della Commissione Affari Costituzionali, a detta del quale nella norma “si dovrà fare subito chiarezza sulle funzioni degli Enti e sulla scadenza delle Giunte”. “Credo che il decreto presenti rischi di costituzionalità perché non è possibile prevedere di far decadere Giunte e Consigli di un’assemblea che è stata democraticamente eletta”. Lo ha riferito il senatore Pancho Pardi, capogruppo per l’Idv in Commissione Affari Costituzionali. “Sugli accorpamenti sta scoppiando un vespaio senza fine, è quasi un mondo virtuale in espansione - ha sottolineato Pardi a margine dei lavori - con fortissimi localismi e gerarchie rifiutate”. Inoltre “va migliorato - ha aggiunto - il rapporto tra Province e Città Metropolitane perché non è possibile far diventare un pezzo di territorio un’unita di conurbazione”. Sugli emendamenti anticipati dall’Upi, Pardi ha spiegato di “non essere preliminarmente contrario, ma bisogna lavorare per intravedere una soluzione”.

27 novembre 2012

A proposito del nuovo tentativo di programmare un'assemblea unitaria dei dipendenti



A cura di Valter Giordano

Testo e-mail inviato in data odierna, martedìì 27 novembre 2012 ai componenti della RSU a seguito richiesta convocazione assemblea inoltrata dallo scrivente, unitamente a Claudio Bongiovanni, Guido Marino, Maurizio Barra e Franco Ferraro.
  
Una riflessione preliminare.
Se non è record poco ci manca!  

Siamo infatti l'unica provincia d'Italia, dove nel corso del 2012 ancora non si é tenuta un'assemblea del personale organizzata dalla rsu !
Leggo da parte di alcuni che non dobbiamo creare allarmismi. Concordo. Dobbiamo però solamente evidenziare la realtà dei fatti senza nascondere nulla (tra l'altro come gestiamo ora la mobilità interna?). 

Attendere "the end" al film delle Province mi pare alquanto anomalo.
Sul tema della convocazione delle assemblee unitarie abbiamo, tra di noi, profonde divergenze.

Molti di noi reputano infatti che sia indispensabile la convocazione annuale di almeno due assemblee e pertanto hanno preso un impegno preciso con i colleghi per tale adempimento. 

Altri hanno idee ben differenti.

A questo punto, dopo lunga attesa, credo che l'unica soluzione plausibile sia la convocazione di un'assemblea in una delle date proposte, organizzata, se non vi è la maggioranza dei componenti della rsu, dalle sigle sindacali di appartenenza di coloro che aderiranno.

Naturalmente la situazione verrà spiegata ai colleghi tramite un comunicato in cui dovrà essere garantito ampio spazio a tutti (specie i non aderrenti all'assemblea) per eventuali osservazioni in merito.

Province: Cota, riordino uguale per tutte, Vco come Sondrio e Belluno


News da BESSONE-SCARZELLO-PUNZI-FEA-ROSSO

Province: Cota, riordino uguale per tutte, Vco come Sondrio e Belluno

Torino, 27 nov. - (Adnkronos) - Il presidente della Regione Piemonte Roberto Cota ha ricevuto oggi a Torino una delegazione di amministratori e di componenti del comitato per l'autonomia del Verbano Cusio Ossola. Nel corso dell'incontro la delegazione ha lamentato la "sperequazione subita dal Vco in sede di decreto sul riordino delle Province", poiche' "le Province di Belluno e Sondrio hanno ottenuto la deroga in quanto classificate come Province montane, mentre il Vco no".

Cota, dopo aver ribadito la contrarieta' al provvedimento del Governo sulle Province, ha rilevato come la "sperequazione subita dal Vco sia inaccettabile. Se si fissa una regola deve valere per tutti. Se si fa un'eccezione, allora e' necessario farla anche per il Vco", ha sottolineato e per questo nel corso dell'incontro ha telefonato al ministro Patroni Griffi ponendogli la questione con l'impegno di un incontro che da fissare nei prossimi giorni.

Dipendenti pubblici regionali protestano contro riduzione salariale e esuberi

A CURA DI  CLAUDIO BONGIOVANNI, VALTER GIORDANO, GUIDO MARINO, MAURIZIO BARRA E FRANCO FERRARO

27 novembre 2012

Da tempo voci, rumors ricorrenti esaltano ciò che un lavoratore "troverebbe" presso la Regione Piemonte qualora qualcuno fosse costretto a  "traslocare". Ma anche presso la Regione Piemonte il vento sta cambiando di direzione.

Per dovere di cronaca pubblichiamo quanto è avvenuto oggi martedì 27 novembre 2012.

Presidio di protesta dei lavoratori della Regione Piemonte, di giunta e di consiglio, questa mattina a Torino contro i tagli al numero dei dipendenti. 
Il provvedimento prevede che entro il 15 dicembre sia fatta una ricognizione degli esuberi e sia aperta una struttura per la mobilità che gestisca il personale dipendente in eccesso. 
Un altro punto prevede la riduzione del 10 per cento del salario dei direttori e di quello accessorio dei dirigenti, oltre alla riduzione del 30 per cento del budget per le 900 persone che godono delle posizioni organizzativa.
In aula a Palazzo Lascaris, sede dell’assemblea legislativa, è in discussione la proposta di delibera n. 218 che intende regolamentare gli interventi urgenti per la razionalizzazione delle spese regionali. 
I manifestanti chiedono che il Consiglio regionale rinvii la discussione e l’approvazione del provvedimento e che si apra al più presto un tavolo di concertazione con i sindacati.
Alcuni rappresentanti sindacali sono stati ricevuti dal presidente del Consiglio regionale, Valerio Cattaneo, con i componenti dell’ufficio di presidenza, numerosi consiglieri, l’assessore al Bilancio Giovanna Quaglia e il vicepresidente della giunta Ugo Cavallera. 
Lo stipendio dei dipendenti pubblici è bloccato dal 2010 al 2014 e “non può essere toccato in maniera unilaterale e senza contrattazione” spiegano i sindacalisti. Ingenti risparmi – hanno sottolineato – potrebbero essere effettuati “mandando in pensione i dipendenti che ne possiedono i requisiti e smettendo di appaltare all’esterno mansioni ordinarie che potrebbero essere svolte dai dipendenti”. L’assessore Quaglia, al termine dell’incontro, ha affermato che negli ultimi giorni sono stati depositati emendamenti correttivi della delibera e che il confronto con i sindacati è già in atto da tempo.

26 novembre 2012

1° Commissioni lavori Senato resoconto lavori seduta n.461 del 25/11/2012


A CURA DI  CLAUDIO BONGIOVANNI, VALTER GIORDANO, GUIDO MARINO, MAURIZIO BARRA E FRANCO FERRARO


Riprende l’esame, sospeso nella seduta del 21 novembre.
Ha inizio la discussione generale.
Il senatore VITALI (PD) ricorda che l’impostazione originaria del provvedimento, orientata a una soppressione dell’ente con accentramento nelle regioni delle funzioni non delegabili ai comuni o alle unioni di comuni, è stata corretta nel senso di un riordino delle province attraverso accorpamento e attribuzione di funzioni fondamentali, confermando il nuovo metodo di formazione degli organi con elezioni di secondo grado; l’intento è di assicurare una maggiore autorevolezza e rappresentatività alle province, nonché un ruolo di coordinamento degli interessi dei comuni compresi nella circoscrizione, e con una conseguente riduzione dei costi. Un ulteriore, rilevante risparmio sarà reso possibile mediante la riorganizzazione degli uffici periferici delle amministrazioni dello Stato, da realizzare con equilibrio e senza pregiudicare i servizi essenziali, come la scuola, la sanità e la giustizia.
A suo avviso, il provvedimento – che auspica sia convertito in legge con le modifiche opportune – dovrebbe essere integrato con le disposizioni relative alle procedure per la formazione degli organi della provincia. In proposito, segnala l’opportunità di aumentare – rispetto a quello previsto – il numero dei consiglieri e dei componenti le giunte, in relazione alla consistenza demografica. Inoltre, ritiene opportuno consentire che le giunte e i consigli in carica maturino la durata naturale e che la questione del capoluogo sia rinviata alle disposizioni statutarie, da definire anche attraverso consultazioni popolari.
Quanto alle città metropolitane, giudica positivamente l’avvio del processo attuativo. Tuttavia, non condivide le modifiche che riguardano Roma Capitale, in base alle quali si prospetta la coesistenza di una città metropolitana e di un comune “capitale” che produrrebbe confusione sia nelle funzioni sia con riguardo alla legittimazione dei due sindaci, entrambi eletti direttamente dai cittadini.
La senatrice ADAMO (PD) sottolinea l’importanza del provvedimento che realizza il riordino delle province. A proposito delle città metropolitane, segnala l’anomalia di Milano e di Firenze che, in base al decreto-legge, accorperanno territori già appartenenti a province soppresse. Inoltre, ritiene che – rispetto a quanto previsto – un incremento del numero dei consiglieri, in relazione al numero di abitanti, debba essere disposto anche per le città metropolitane.
Invita il Governo a considerare l’opportunità di accogliere le istanze dei comuni che hanno avviato le procedure previste dall’articolo 133, primo comma, della Costituzione per essere compresi in una diversa circoscrizione provinciale; a tal fine si potrebbe attribuire al Governo il compito di definire i confini provinciali con successivo provvedimento.
Infine, ritiene che, nel passaggio al nuovo regime, sia preferibile conservare alle province l’esercizio delle funzioni già attribuite, salva la possibilità per le regioni di richiamarle qualora sia necessario.
Il senatore DIVINA (LNP)  rileva che le disposizioni del decreto-legge sono prive del carattere dell’urgenza, visto che la loro applicazione è rinviata alla fine del 2013, e non producono alcun risparmio; anzi, la maggiore distanza fra i comuni e le città capoluogo di provincia determinerà un aggravio di costi diretti e indiretti. In proposito, segnala che il passaggio alle regioni del personale dipendente dalle province soppresse determinerà una revisione in aumento della loro retribuzione, con nuovi aggravi di spesa. Inoltre, a suo avviso, l’accorpamento delle province viola le disposizioni costituzionali che regolano la materia, nonché quelle che tutelano l’elettorato passivo, perché si stabilisce la decadenza immediata di organi legittimati da un voto popolare.
Il senatore BOSCETTO (PdL) ritiene che le argomentazioni del senatore Divina siano condivisibili e decisive per l’esito della conversione in legge. A suo avviso, lo scioglimento per decreto-legge dei consigli provinciali non trova rispondenza nel sistema giuridico e costituzionale. Altri dubbi riguardano la mancata consultazione dei consigli delle autonomie locali.
Più in generale, si chiede se le disposizioni del decreto-legge siano effettivamente utili e sottolinea la necessità di modifiche anche sui provvedimenti precedenti già convertiti in legge, per riconsiderare le regole per la composizione degli organi. A tale riguardo, condivide l’opportunità di incrementare il numero dei consiglieri rispetto a quanto previsto: infatti, è del tutto incongruo all’estensione del territorio e della popolazione che le province dovranno amministrare; esprime dubbi, infine, sull’opportunità di introdurre una elezione di secondo grado, emulando modelli propri di altri ordinamenti.
Il senatore SARRO (PdL) condivide i rilievi sulla possibile lesione del diritto di elettorato passivo. In proposito, ricorda che l’accettazione della carica di assessore in molti casi ha comportato la decadenza per incompatibilità da quella di consigliere. L’immediata decadenza delle giunte inciderebbe anche sul principio democratico della rappresentanza.
Il seguito dell’esame è quindi rinviato.
Il rinvio è stato già fissato alle ore 9:00 di domani, martedì 27 novembre.

RIORDINO DELLE PROVINCE: ANTICIPATA AL 30 NOVEMBRE LA PRESENTAZIONE DEGLI EMENDAMENTI IN AULA


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RIORDINO DELLE PROVINCE: ANTICIPATA AL 30 NOVEMBRE LA PRESENTAZIONE DEGLI EMENDAMENTI IN AULA

 Confronto generale in Commissione al Senato. Giovedì 29 audizione di Upi, Anci e Regioni.

"Il decreto legge va in ogni caso convertito"Confronto di ordine generale oggi in Commissione Affari Costituzionali del Senato in merito alla conversione del decreto legge 3558 in materia di Province e Città metropolitane.

Il dibattito si è focalizzato in particolare sull'eventualità che Enti virtuosi finiscano con l"assorbiré altri meno virtuosi e, in merito all'istituzione delle Città Metropolitane, sulle possibili concomitanze tra sindaci 'metropolitani' e altri minori di territori limitrofi. Secondo più di un senatore, inoltre, sarebbe aperta a più interpretazioni la decisione di fissare il termine per la presentazione degli emendamenti in Aula entro il 30 novembre, diversamente da quanto accade per la Commissione, per la quale il termine è stato invece fissato al 3 dicembre.

 Questo dato, secondo alcuni componenti della Commissione Affari Costituzionali, lascerebbe intendere che il decreto non possa venire emendato prima dell'arrivo del testo in Aula.

Ma questa decisione, secondo altri, potrebbe anche significare un rinvio sine die della conversione del decreto.

Ma è bene ricordare che giovedì 29 la Commissione Affari Costituzionali del Senato audirà Upi, Anci e Regioni, organizzazioni che coglieranno l'occasione per presentare i propri emendamenti prima dell'esame in Aula del provvedimento.

 "Il decreto legge va in ogni caso convertito - ha spiegato uno dei due relatori del progetto di legge, il Pdl Filippo Saltamartini - perché dietro di esso ci sono i provvedimenti sulla spending review". Saltamartini ha poi auspicato un impegno del governo "per i necessari aggiustamenti e la 'costituzionalizzazione' del decreto".(ANSA).

 

Riordino Province, decreto in panne

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Riordino Province, decreto in panne
guerra di veti per ostacolare i tagli




Modifiche a raffica per difendere Frosinone contro Latina, ostacoli anche sull'unione di Pisa con Livorno, Massa e Lucca

di Barbara Corrao

ROMA La richiesta di deroga, la più clamorosa, è quella che riguarda «le città che hanno torri pendenti». E quali mai possono essere tutte queste città dalle torri che pendono? Ma una sola, è ovvio: Pisa.Si stringe il cerchio sul riordino delle Province e cresce, soprattutto dentro ma anche fuori dal Parlamento, la resistenza al decreto che riduce il numero di questi enti territoriali da 86 a 51, modifica la mappa delle città capoluogo, trasforma 10 delle nuove province in città metropolitane (tra cui Roma, Milano, Napoli e Reggio Calabria) e fa decadere tra poco più d’un mese, dal 1°gennaio 2013, le giunte interessate che altrimenti scadrebbero a metà 2014. Se poi consideriamo che questa è solo una parte della riforma perché l’altra, più sostanziosa, riguarda il riordino di tutti gli uffici territoriali dello Stato, dai provveditorati alle prefetture, che sono organizzati per l’appunto su base provinciale si capisce qual è la posta in gioco.

ESENZIONE CERCASI
Il decreto province ha scatenato antiche rivalità, campanilismi medievali tornati a galla, spudorati ma anche comici tutto sommato. È riaffiorata un’Italia da Don Camillo e Peppone che non ha più la faccia buona dell’eroe di Guareschi e si è purtroppo macchiata di una montagna di sprechi. Amministratori locali e parlamentari stanno giocando al ribasso e persino il presidente della Camera Gianfranco Fini ora dice che «la riduzione delle Province è davvero molto a rischio». E che per scongiurarla, forse non basterà tenere aperta la Camera anche tra Natale e Capodanno. Il decreto infatti scade il 6 gennaio e il termine per gli emendamenti in commissione, al Senato, scade lunedì 3 dicembre. Finora la discussione non è nemmeno entrata nel merito e ci si è bloccati sulla pregiudiziale di costituzionalità. «Siamo arrivati a richieste di deroga incredibili», ha twittato il ministro Patroni Griffi giovedì scorso, quando la conferenza Stato-Regioni ha presentato le più fantasiose richieste.

Negli ultimi mesi, sono stati proposti, nell’ordine: la deroga dalla nuova geografia provinciale per tutti i siti protetti dall’Unesco e, guarda caso, Matera (perde la provincia in favore di Potenza) è uno di questi; una specifica deroga per Treviso in quanto non raggiunge il requisito minimo di superficie (2.500 chilometri quadrati) perché gliene mancano «appena» 47. E poi ancora, l’esenzione dalla riforma degli agglomerati costituiti al 98% da comunità montane, il che corrisponde all’identikit della provincia di Verbano-Cusio-Ossola, in Piemonte, anche questa destinata a scomparire.

Il massimo è stato, però, la maxi-deroga invocata per tutte le 59 province esistenti al momento dell’Unità d’Italia. Spirito risorgimentale? No, semplicemente così si salvavano molti più enti. Al senatore pidiellino Antonio D’Alì viene infine attribuita la paternità della proposta di includere, nel computo della superficie minima necessaria per la salvezza, anche gli specchi d’acqua davanti e dietro le città e le aree lagunari come quelle che caratterizzano Trapani, la sua città.

LA PREGIUDIZIALE
A Palazzo Madama il testo del decreto Patroni Griffi è arrivato il 6 novembre. Ma fino al 21 si è incagliato sulle pregiudiziale di costituzionalità avanzata dal senatore Oreste Tofani (Pdl), subito appoggiata da Roberto Calderoli della Lega Nord. Da ricordare che il programma politico del Pdl aveva tra i suoi pilastri la soppressione tout court di tutte le Province. Ora, dopo un’ampia argomentazione giuridica sui profili costituzionali (peraltro già chiariti nel corso del lunghissimo dibattito precedente), emerge che la preoccupazione per il dettato costituzionale passa attraverso il nodo dell’accorpamento delle province di Frosinone (in cui risiede Tofani) e Latina, soprattutto perché «sopprime il rango di capoluogo di provincia» di una delle due città (Frosinone, che da sola avrebbe potuto soddisfare i requisiti di superficie e abitanti) a beneficio di Latina che ha una popolazione residente più ampia. E così, il relatore Pdl Filippo Saltamartini pone il problema di Lazio e Calabria, Egidio Digilio (Terzo Polo:Api-Fli) quello della Basilicata, mentre il relatore Pd Enzo Bianco suggerisce, il 13 novembre, di avviare un ciclo di audizioni che certo non farebbe guadagnare tempo dopo che il parlamento ha già abbondantemente dibattuto su tutta la materia.

I NODI
Non si tratta solo di combattere per la propria circoscrizione elettorale o di difendere genericamente il campanile. I resoconti parlamentari illuminano sul fatto che i senatori si preoccupano soprattutto dei tagli che deriverebbero dalla riorganizzazione degli uffici provinciali dello Stato. Tofani butta lì una valutazione di 56.000 esuberi quando più realistiche proiezioni su un campione di 6 province, prospettano al massimo 5.500 esuberi nelle funzioni di staff.
I veri punti critici sono due: la decadenza degli organi in carica (dal 1° gennaio) e la fine delle elezioni con la trasformazione delle province in organismi di secondo livello; e naturalmente la questione dei capoluoghi. Su entrambi i punti il governo ha offerto la sua disponibilità chiedendo in cambio «soluzioni equilibrate e coerenti».

GLI SPRECHI
Anche l’Upi (Unione delle Province italiane) ha presentato le sue richieste di emendamento, tra le quali l’elezione diretta dei consigli provinciali. Inoltre con i tagli delle varie manovre, solo 21 enti nel 2013 sarebbero in grado di rispettare l’equilibrio di bilancio, con una stima di disavanzo di 300 milioni. Solo 10 sarebbero in grado di garantire il Patto di stabilità interno con uno sforamento presunto di 690 milioni.
Strano però che nessuno richiami le spese esorbitanti che un esercito di amministratori (1.700) possono permettersi grazie a rimborsi generosi a piè di lista. Alcuni sono finiti sotto inchiesta come il presidente della provincia d’Agrigento accusato di aver fatto piantare 40 palme a casa sua a spese dell’ente. Per non parlare dei 177 mila euro di rimborsi viaggi, in un anno, della giunta Muraro a Treviso. Sono pari a 8 mila euro al mese le spese per rimborsi della Provincia di Frosinone. C’è anche chi spende di più. E poi si parla di tagliare i servizi.

Riordino province: quando il rispetto della Costituzione diventa oggetto di trattativa politica


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Riordino province: quando il rispetto della Costituzione diventa oggetto di trattativa politica

Continua il dibattito in Commissione Affari Costituzionali del Senato per la conversione in legge del DL sul riordino Province

 

Il dibattito in corso in Commissione Affari Costituzionali del Senato della Repubblica per la conversione in legge del D. L. 188/2012 sul riordino delle Province è emblematico.

Sui contenuti del decreto legge 188/2012 rinviamo al suo esame.

Intendiamo soffermarci su quanto emerso finora dalla discussione in Parlamento e dai ripetuti interventi del Ministro Patroni Griffi.

Esaurita la fase preliminare di controllo dei requisiti prescritti dalla Costituzione e dalla legislazione vigente per l’emanazione dei decreti-legge, nella discussione del disegno di legge di conversione è stata proposta la questione pregiudiziale – ai sensi dell’articolo 93 del Regolamento del Senato – con riferimento a vari possibili profili di costituzionalità.

La questione è stata posta con ampie e fondate argomentazioni così sintetizzabili.

1) Il decreto-legge, che prosegue l’iter di riordino delle Province delle Regioni a statuto ordinario, avviato con l’articolo 23 del decreto-legge n. 201 del 2011 e incrementato con gli articoli 17 e 18 del decreto n. 95 del 2012, che hanno indicato i requisiti minimi demografici e territoriali per l’istituzione delle città metropolitane, all’art. 1 stabilisce che le Province devono possedere requisiti minimi determinati con legge dello Stato o con deliberazione del Consiglio dei ministri, già fissati dallo stesso Consiglio dei Ministri nella riunione del 20 luglio 2012, ponendosi in contrasto con l’articolo 114 della Costituzione;

2) L’articolo 2, combinato con l’articolo 17 del decreto-legge n. 95, appare in contrasto con l’articolo 133 della Costituzione, a norma del quale il mutamento delle circoscrizioni provinciali presuppone l’iniziativa dei comuni interessati. In proposito, è stato ricordato che il Governo ha tentato di rimuovere il vincolo prevedendo che il riordino delle attuali province fosse proposto e approvato dai Consigli delle autonomie locali. Tuttavia non vi è stata alcuna iniziativa dei comuni e non si può ritenere che il parere del consiglio delle autonomie locali sia equiparabile all’attivazione dei comuni.

3) Si tratta di disposizioni attuative del decreto-legge n. 95, che quindi si configurano come ordinamentali e perciò carenti sotto il profilo della necessità e dell’urgenza.

4) Si pone una questione di gerarchia delle fonti, tenuto conto che i requisiti di estensione demografica e territoriale sono stati definiti da una delibera del Consiglio dei ministri: vi è il rischio di un contenzioso giurisdizionale, anche costituzionale.

5) Occorre considerare il vincolo dell’articolo 114 della Costituzione: trattandosi di enti costitutivi della Repubblica, non è pacifico che la legge ordinaria possa incidere così profondamente nell’ordinamento delle province né si può ignorare l’esiguo tasso di partecipazione democratica alle decisioni relative al loro riordino.

6) L’articolo 7, comma 1, del decreto-legge, nel combinato disposto con l’articolo 23 del decreto-legge n. 201 e con l’articolo 17 del decreto-legge n. 95 vìola gli articoli 5 e 114 della Costituzione, in quanto la prevista riduzione della governance e la sottrazione al corpo elettorale dell’investitura diretta degli organi della provincia, pur essendo in linea di principio riconducibile a materie di competenza esclusiva dello Stato (legislazione elettorale e organi di governo), incide direttamente sulla rappresentatività democratica dell’ente provincia con delegittimazione dei suoi organi e svilimento della natura stessa dell’ente, elemento costitutivo della Repubblica e istituzione esponenziale di una comunità territoriale.

7) Il decreto-legge incide sull’elettorato passivo. Infatti, la decadenza degli organi provinciali – disposta con provvedimento d’urgenza – contraddice le disposizioni costituzionali che garantiscono i diritti elettorali. Il problema si pone non solo per i consiglieri provinciali, ma soprattutto per i componenti delle giunte che, essendosi dimessi dalla carica di consiglieri in considerazione delle incompatibilità previste dalla legge, si trovano a perdere immediatamente sia la prerogativa di assessori sia quella di consiglieri.

8) Sono stati ricordati quindi i numerosi ricorsi promossi dalle regioni al fine di sostenere l’incostituzionalità dell’articolo 23 del decreto-legge n. 201 e notato che non sussistono le condizioni di urgenza e necessità previste dall’articolo 77 della Costituzione, poiché l’iter di riordino si concluderà il 31 dicembre 2013 e poiché nella relazione che accompagna il decreto il Governo non ha indicato alcun risparmio di spesa realizzabile con il provvedimento.

A fronte di tali argomentazioni, peraltro da tempo supportati da svariati pareri di illustri costituzionalisti, anziché affrontare nel merito le questioni poste da numerosi Senatori, si è semplicemente preso atto delle dichiarazioni del Ministro Patroni Griffi.

Il Ministro ha ricordato che:

a) il Governo, al suo insediamento, ha preso in considerazione le iniziative legislative pendenti nei due rami del Parlamento in materia di riordino o soppressione delle province e di Carta delle autonomie;

b) Con l’articolo 23 del decreto-legge n. 201 del 2011 sono state introdotte disposizioni relative agli organi delle province, alle modalità per la loro futura elezione e alle funzioni degli enti.

c) Successivamente con il decreto-legge n. 95 del 2012 è stato recepito l’esito, largamente condiviso dai due rami del Parlamento, del dibattito svolto sull’ordinamento degli enti locali e si è definito un percorso sulla base dei criteri della quantità di popolazione e dell’estensione del territorio.

d) Inoltre, è stata confermata la decisione di configurare le province come enti di secondo grado e di attribuire loro funzioni fondamentali, ma solo a decorrere dall’entrata in vigore dell’effettivo riordino.

Il Ministro ha quindi precisato che il Governo dà una lettura dell’articolo 133 della Costituzione nel senso che l’iniziativa dei comuni è necessaria per modifiche specifiche delle circoscrizioni provinciali, per cui occorre l’iniziativa dei comuni coinvolti. Un’interpretazione più estensiva, a suo avviso, non sarebbe coerente con la ratio di quella disposizione, in quanto implicherebbe in ipotesi l’attivazione di tutti i comuni del territorio nazionale.

Quindi ha precisato che il decreto-legge in esame contiene disposizioni sostanzialmente attuative degli articoli 17 e 18 del decreto-legge n. 95 del 2012, già convertito in legge.

Ha confermato la massima disponibilità del Governo a risolvere alcuni aspetti critici, nella salvaguardia dei princìpi fissati con i provvedimenti già adottati e compatibilmente con i termini per la conversione in legge.

Il Governo – ha concluso il Ministro – annette un significato prioritario al provvedimento in esame, sia per le modifiche ordinamentali sia per i risparmi di spesa che potrà determinare attraverso il riordino degli uffici periferici dello Stato e le economie di scala connesse all’accorpamento delle province, nonché per l’istituzione effettiva delle città metropolitane. Precisa che la disponibilità del Governo riguarda anche i temi più critici, come la decadenza degli organi in carica e l’individuazione dei capoluoghi. Tuttavia il Parlamento, nella sua vocazione naturale alla sintesi istituzionale, potrebbe cogliere l’occasione per rendere tangibile la capacità di individuare soluzioni equilibrate e coerenti, risolvendo le inevitabili resistenze che si determinano a livello locale.

Il Ministro ha infine sottolineato che dal Governo c’è una “ovvia disponibilità al confronto con il Parlamento e a eventuali modifiche fatto salvo l’impianto del decreto” mentre è “più difficile poter tener conto di tutte le richieste a livello locale che stravolgerebbero l’impianto”.

Rispetto ai cambiamenti sulla fase transitoria il Ministro dice che potrebbe esserci “uno spostamento di data” o novità sul “soggetto che gestisce il cambiamento”. La fase transitoria, ha ammesso il ministro, “è complessa e potrebbe richiedere tempi diversi o diversi soggetti che gestiscono il cambiamento”.

Appare evidente che dalle dichiarazioni del Ministro non si rinvengono elementi tali da fugare tutti i dubbi di legittimità costituzionale. Anzi, per molti versi, alcune affermazioni appaiono discutibili e imprecise.

Malgrado questo, i numerosi parlamentari componenti della Commissione hanno ritirato la questione pregiudiziale, per cui l’iter del procedimento di conversione prosegue con la presentazione degli emendamenti la cui scadenza è stata fissata per lunedì 3 dicembre.

Intanto in attesa della presentazione degli emendamenti, la Conferenza delle Regioni ha espresso parere negativo sul decreto.

In sede di Conferenza Unificata del 25 luglio 2012, la Conferenza delle Regioni aveva già espresso, in merito al disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 “Spending review”, parere negativo con contestuale consegna di un documento di osservazioni critiche e proposte emendative.

Vanno ricordati i ricorsi alla Corte Costituzionale con impugnazione dell’art. 23 del Decreto “Salva Italia” proposti dalle Regioni Campania, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Molise, Piemonte, Veneto e Sardegna e dell’art. 17 del D. L. 95/2012 proposti dalle Regioni Calabria, Campania, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Molise, Piemonte, Sardegna e Veneto.

Le Regioni hanno quindi espresso parere negativo sul disegno di legge, “dal momento che lo stesso aggrava l’incertezza del quadro normativo di riferimento, determinata dai precedenti provvedimenti intervenuti in materia, e non individua gli strumenti necessari a garantire la tenuta del sistema istituzionale in esito alla proceduta di riordino, causando pertanto gravi ricadute sui territori”.

Si tratta di ”un riordino segnato da incertezze, confusione e rischi di ingovernabilità dei processi, per esempio per quanto riguarda la gestione dei dipendenti, le competenze e le risorse”.

I tagli, secondo i presidenti delle Regioni, causeranno così tanti problemi alle Province “che anche quelle che rimarranno si troveranno in condizioni difficilissime, tali da non riuscire a gestire le competenze.

Sul provvedimento le Regioni hanno rilevato le criticità determinate dal continuo utilizzo della decretazione d’urgenza tanto con riferimento ai profili di legittimità costituzionale della stessa quanto con riferimento a quelli connessi agli aspetti di merito. In particolare l’evidente mancanza del requisito della straordinarietà per i presupposti di necessità e urgenza induce le Regioni a non condividere le modalità di intervento del Governo nelle forme e nei contenuti.

Deve altresì essere segnalato che permangono dubbi sulla coerenza, razionalità e ragionevolezza del provvedimento nella parte in cui, nelle medesime norme, da una parte dispone che, alla procedura di riordino, si applicano i requisiti previsti dalla Deliberazione del Consiglio dei Ministri del 20 luglio 2012 e dall’altra vengono fatte salve situazioni particolari.

L’intervento di un nuovo ed ulteriore decreto legge sulla materia rende assai complessa la definizione del quadro normativo attualmente vigente con riferimento alla determinazione delle funzioni della “nuova” Provincia.

Si sottolinea la deminutio del ruolo del legislatore regionale al quale risultano sottratte le possibilità discrezionali di scelta su quali debbano essere le funzioni amministrative effettivamente svolte dalle Province nonché la mancata armonia degli ultimi interventi (D. L. 201/11; D. L. 95/2012 e D. L. 188/2012) con il disposto degli articoli 114 e 118 della Costituzione.

Il susseguirsi di provvedimenti (art. 23 comma 14 e 18 del DL 201/2011, art. 17 comma 6 e comma 10 del DL 95/2012, art. 4 DL 188/2012) incidenti sulla medesima materia in maniera non organica genera una complessiva confusione all’interno del quadro normativo di riferimento.

L’Unione delle Province d’Italia ha espresso parere negativo con un articolato documento di osservazioni ai contenuti del decreto legge e alcune proposte di emendamenti al testo su organi e funzioni delle Province.

Se dalle aule parlamentari e dalle sedi istituzionali ufficiali di confronto fra le Istituzioni della Repubblica si passa ai moderni strumenti di informazione, il quadro dei rapporti istituzionali appare ancora più chiaro e certamente molto meno conforme ai principi di leale collaborazione tra gli organi costituzionali della Repubblica.

Un breve esame delle ripetute dichiarazioni apparse su twitter dalla fonte ufficiale del Ministero della Pubblica Amministrazione, proprio mentre era in corso la seduta della Conferenza Unificata rende ancor meglio l’idea.